Il testo di ciascuna iscrizione è presentato sia in trascrizione diplomatica sia in edizione critico-interpretativa. Nel caso in cui non sia stato possibile visionare direttamente l’iscrizione o averne una riproduzione leggibile, si è scelto di riprodurre e citare, adattata ai nostri criteri di trascrizione critico-interpretativa l’edizione del testo di volta in volta considerata più attendibile.
I criteri adottati seguono principalmente il modello dell’Imai (2002) sia per la trascrizione diplomatica sia per quella critico-interpretativa, cui si attengono anche D’Achille (1987), Sabatini (1996), Tomasin (2001, 2012, 2012a, 2013), Tedeschi (2012) e Di Lenardo (2014). Nella scelta di quale veste critica dare alle iscrizioni ci siamo avvalse anche delle principali raccolte di testi delle Origini di Migliorini-Folena (1952), Contini, (1960) Castellani (1973), Stussi (1965), Tomasin (2004) e Formentin (2007) i cui criteri risultano pressoché omogenei.
Trascrizione diplomatica
La trascrizione rispetta la scansione originaria delle righe di scrittura e la separazione delle parole conservando gli eventuali punti separativi. Nel caso di scritture su unico rigo che si sviluppano su superfici angolari, si segnala il cambio di faccia con due barre verticali (//).[1] Nel caso di cicli o reperti che conservano più iscrizioni, le singole unità epigrafiche sono identificate ciascuna attraverso un numero arabo tra parentesi quadre. Si distinguono le lettere maiuscole e minuscole, non vengono sciolti i compendi e le note tironiane, i segni abbreviativi vengono riprodotti mediante un trattino; le lettere soprascritte vengono poste in apice di fianco alla lettera cui sono riferite, le legature sono evidenziate mediante sottolineatura delle lettere con un tratto in comune. Un punto sotto una lettera avverte che la stessa è di incerta lettura. Le lacune meccaniche sono segnalate entro quadre da punti distanziati in numero pari alle lettere ritenute perdute; laddove non si riesca a stabilire l’entità della perdita si impiegano i tre punti non distanziati. Eventuali simboli presenti nel testo saranno sciolti in parole chiuse tra parentesi tonde (disegni, candelabri, hederadisinguens, ecc.) Si rimanda alla voce scrittura, per ulteriori informazioni quali l’eventuale impossibilità di stabilire la natura minuscola o maiuscola di una lettera, e tutto ciò che possa mettere in rilievo le caratteristiche e le differenze rispetto alla tipologia scrittoria individuata.
Edizione critico-interpretativa
I testi pervenuti in originale sono riprodotti in tondo; quelli tramandati per via indiretta in caratteri corsivi. Nel caso in cui l’epigrafe contenga aggiunte testuali successive ai limiti cronologici qui fissati quest’ultime vengono staccate dal testo originale e riprodotte in carattere tondo sottolineato. Nel caso di cicli o reperti che conservano più iscrizioni, le singole unità epigrafiche sono identificate – come nella trascrizione diplomatica – ciascuna attraverso un numero arabo compreso tra parentesi quadre ed una eventuale indicazione della sua posizione e/o del titolo dell’episodio rappresentato.
Si segue l’uso moderno per la divisione delle parole, l’impiego di maiuscole e minuscole nonché della punteggiatura qualora essa serva a facilitare la comprensione del testo. Vengono sempre rispettati i segni diacritici e la sostanza grafico-fonetica del testo. Gli omografi vengono distinti nel modo seguente secondo convenzioni già regolate dagli editori precedenti: a ‘a’, à ‘ha’; cha’ ‘casa’, cha ‘che’; da ‘da’, dà ‘dà’, ‘dato’; de ‘di’, de’ ‘deve’ / ‘devono’, dè ‘diede’, ‘diedi’, ‘dati’; di ‘di’, dì ‘dì’, di’ ‘diedi’; do ‘due’, do ‘dato’; e ‘e’, è ‘è’ / ‘ho’, e’ ‘io’; fè ‘fede’, fe’ ‘fece’; fi ‘è’ / ‘fu’ (verbo fir), fi’ ‘figlio’; fu ‘fu’, fu’ ‘fui’; la ‘la’, là ‘là’; me’ ‘mio’, me ‘me’; mie ‘me, io’ / ‘mie’, mie’ ‘miei’; mo ‘adesso’, mo’ ‘modo’; ne’ ‘nei’; no ‘no, non’, no’ ‘noi’; o ‘o’, o’ ‘ove’, ò ‘ho’; pò’ ‘può’, po’ ‘poi’; pre’ ‘prete’, prè ‘prati’; se ‘sé’, sè ‘è’; si ‘sé, si’, sì ‘sì’, si’ ‘sia’, so ‘so’ (verbo sapere)’, so’ ‘sono’.[2] Si impiega un punto in alto per indicare l’assenza legittima di consonanti finali (ad esempio ne· ‘nel’); l’apostrofo indica elisione o troncamento. Le preposizioni articolate vengono univerbate ad eccezione di quelle composte da con e per. Anche le locuzioni congiuntive, gli avverbi in –mente/-mentre e i numerali composti sono state in generale univerbati secondo l’uso moderno. Distinguiamo tra u e v, utilizziamo l’unica forma breve di i qualora la j sia una pura variante grafica mentre conserviamo la y e la ç. Vengono mantenute le h etimologiche, le grafie latineggianti e i dittonghi. Le abbreviazioni vengono sciolte tra parentesi tonde segnalando in nota casi particolari o inusuali.
Le lacune meccaniche e le eventuali integrazioni sono segnalate tra parentesi quadre; laddove la lacuna non sia integrabile si segnala entro quadre con punti distanziati in numero pari alle lettere ritenute perdute; nel caso in cui non sia possibile stabilirne l’entità si impiegano i tre punti non distanziati; per l’integrazione dubbia si fa seguire al testo tra parentesi il punto interrogativo. Si usano le parentesi aguzze per l’integrazione di lettere mancanti per errore della scrittura. Le lettere espunte perché considerate sicuramente erronee vengono inserite tra parentesi graffe.[3] Le date si riportano così come indicate nell’originale anche nel caso in cui esse non seguano l’uso moderno. Tuttavia la datazione nella scheda è sempre ricondotta all’uso corrente.
In fondo ad ogni trascrizione abbiamo ritenuto necessario tener traccia della varia lectio attraverso un apparato critico negativo. Si indicano in corpo minore e leggermente staccate dalla trascrizione critico-interpretativa le letture e le integrazioni riga per riga degli autori precedenti non condivise e quindi scartate. Si indicheranno dunque di seguito il numero del verso, la lezione testuale rifiutata in corsivo e l’autore che la impiega in maiuscoletto.
Per i testi di cui non sia stato possibile effettuare un’ispezione diretta o di cui non si possegga una foto leggibile in grado di restituire tutte le caratteristiche materiali del documento, abbiamo deciso di dare esclusivamente una trascrizione critico-interpretativa costruita sulla base di trascrizioni diplomatiche o interpretative fatte da altri. Stesso discorso vale per le iscrizioni non pervenute in originale ma di cui si possiede testimonianza indiretta. L’indicazione dell’edizione utilizzata viene indicata in nota all’inizio della scheda.
[1]PetrucciL. 2010.
[2]In particolare Tomasin 2014, p. 9 ma anche Castellani 1980a, p. 403; Castellani 2000, p. 360; Stussi 1965.
[3]Stussi 1965; Stussi1994, pp. 150-151, Tomasin 2004, p. 11.